Lettori fissi

lunedì, febbraio 15, 2010

La Dea della Sapienza

La dea della Sapienza

DEI:

1. MINERVA

2. ZEUS

3. APOLLO

4. ERA

5. IMPICCIDES

6. DIONISO

MORTALI:

1. RAGAZZO FONTANA 1

2. RAGAZZO FONTANA 2

3. RAGAZZA COATTA 1

4. RAGAZZA COATTA 2

5. RAGAZZO GANJA

6. ALEXANDER ATHENODROS

7. FATTONA RAVE

Dopo più di mille anni finalmente Minerva riuscì ad estorcere la concessione al divino padre Zeus; sapeva bene che il Supremo non era un tipo facile da convincere, ma la lunga depressione che l'aveva afflitta per secoli probabilmente aveva scosso il duro cuore del Divino padre, il quale le aveva fatto recapitare, tramite il fedele Hermes, una tavoletta su cui c'era scritto che quello stesso pomeriggio l'avrebbe attesa nel salone del palazzo per discorrere in merito alle sue continue richieste di ridiscendere tra i mortali .

Minerva non stava più nella pelle; aiutata dalle ancelle cercò la veste giusta e alla fine preferì quella con fili d'oro e di tramonto, che lo stesso padre le aveva regalato poco tempo prima. S’intrecciò dolcemente i capelli, indossò l'elmo, l'egida e quando fu pronta per l'incontro si diresse verso il palazzo paterno.

Zeus era solito attendere la figlia nell'ala ovest, ma in quell'occasione aveva preferito il salone centrale, solitamente utilizzato per le cerimonie ufficiali. Minerva entrò con passo incerto e subito vide il padre seduto sul grande trono, solita saetta alla mano. “Buonasera, o Divino Zeus” disse la figlia “Buonasera a te, o figlia prediletta. E' con grande gioia che ricevo la tua visita e ancor più la gioia nel mio divino petto aumenta sapendo che al termine del nostro incontro ve ne sarà molta anche nel tuo cuore.”.

La dea fece un profondo inchino, ed accettò l'invito del padre a sedersi ai suoi piedi. “Per molto tempo ho riflettuto sulle tue richieste amata figlia e per lunghi giorni mi sono interrogato su quale fosse la decisione più saggia da prendere in merito alle tue richieste; io sono il Signore degli dei e a me non è concesso sbagliare. La conclusione cui sono giunto è che la decisione debba essere la tua; da padre quale sono non posso fare a meno di esortarti però a non compire quest'incauto gesto: i mortali hanno ormai abbandonato i templi, sepolto il culto nei luoghi più lontani della loro anima e potresti trovare difficoltà nell'avvicinarti.”. Minerva restò un momento in silenzio, poi dischiuse le labbra purpuree e disse “Padre, Zeus Olimpio, le tue parole parlano al cuore della dea e della figlia; conosco la situazione in cui versa il mondo dei mortali, e so che tornare a loro sarà un gesto guidato Incoscienza e Audacia, amiche fedeli che porto sempre al mio fianco. Ma io sono Minerva, dea del sapere, delle arti e dell'intelletto e so che tra i mortali stolti esiste ancora qualche spirito che attende una mia rivelazione; per quei pochi eletti e per il loro buon cuore decido di correre questo rischio: mi manifesterò loro e guiderò il mortal cammino verso la saggezza.”. Il padre la strinse al petto ed ordinò ai suoi servitori di preparare alcuni doni per la figlia in partenza: dopo pochi istanti il salone del palazzo era pieno di casse dorate, di frutti polposi, ambrosia, e persino di un set scintillante di saette tascabili. Di fronte a tanta generosità la dea rivolse il suo dolce sguardo sul volto pensieroso del padre e disse “O Divino padre, la tua generosità mi sorprende sempre ma non credo che tutto questo mi sia necessario per affrontare il mio viaggio: accetterò solo una manciata di erba del tuo giardino, cosi che quando avrò nostalgia di casa, mi basterà annusarne l'odore per sentirti al mio fianco. “Così dicendo lasciò cadere in terra l'egida, l'elmo e lo scudo. I passi leggiadri della dea percorsero il maestoso salone, lasciandosi alle spalle il Dio perplesso che attese l'uscita della figlia per scagliare una folgore contro il servo inopportuno che gli stava porgendo delle mele.”Uh!Pazienza... ” disse il Divino contemplando il mucchio di cenere fumante che un tempo era stato il suo fedele servitore.

Qualche tempo prima, durante uno dei soliti noiosi banchetti, il fratello Apollo le aveva confessato che si era spinto di notte molto vicino al mondo degli uomini, ed era disceso su di una grande e rumorosa città che aveva nome Roma; volando sopra le vie deserte era giunto su di un'imponente struttura di marmo, che ricordava per certi versi gli antichi templi dell' Attica ; lì, nella notte, un gruppo di giovani era riunito in un grande piazzale, circondato da candele ed i fumi d'un particolare incenso si diffondevano dolcemente nell'aria; un suono mai udito prima proveniva da misteriose scatole scure, al cui battito i giovani si muovevano.

Temendo che qualcuno potesse scorgerlo, il dio del sole aveva cercato di allontanarsi, non senza prima posare lo sguardo sull'imponente statua che si stagliava alta contro il cielo scuro al centro del gruppo di ombre danzanti nella notte, e con suo infinito stupore notò che “Eri tu, o divina sorella: quei giovani danzavano in tuo onore”. A quelle parole Minerva credette di morire (anche se sapeva benissimo che questo non le sarebbe mai potuto accadere essendo lei una dea) e sentì che se fosse riuscita a convincere il Divino genitore a lasciarla andare sarebbe stata quella la meta del suo viaggio.

Immaginava stuoli di giovani sorridenti, adagiati su prati fioriti, con le vesti accarezzate dalla brezza estiva; immaginava centinaia di sapienti ragazze dedite alla poesia ed al suono della lira; le sembrava già di poter vedere giovani maestri circondati da decine di menti assetate di conoscenza. Sentiva che quei mortali la stavano invocando, sentiva i loro occhi scrutare il cielo in attesa di una riposta che solo lei avrebbe potuto dare. Strinse forte i fili d'erba che aveva tra le dita e chiuse gli occhi: i suoi fedeli la stavano aspettando.

La sua discesa tra i mortali avvenne dove aveva previsto e si rivelò esattamente nel luogo che il fratello le aveva descritto: un ampio piazzale circondato da alti templi di marmo chiaro. Un intenso fascio di luce avvolgeva la divina figura e la sua veste, bianca e d'oro, brillava d'una luce maestosa. Minerva, sorridendo, aprì lentamente gli occhi pronta a posare il suo amoroso sguardo sulla folla di adepti estasiati, ma restò piuttosto stupita quando si rese conto che, nonostante ci fossero centinaia di persone intente ad attraversare il piazzale, nessuna sembrava essersi accorta di lei.

Allungò lentamente un piede ma non trovando alcuna superficie su cui appoggiarsi abbassò lo sguardo e si rese conto che si trovava su un piedistallo molto alto al centro di una piscina squadrata; tentò di mantenere la posizione che più si addice ad una dea del suo calibro, ma fu costretta a legarsi in vita l'ampia veste quando si rese conto che scendere da lì sopra non sarebbe stata facile impresa. Del resto non poteva nemmeno chiedere aiuto a qualcuno: lei era una dea e le dee aiutano i mortali, non necessitano certo del loro di aiuto. Con un gesto decisamente poco aggraziato, tentò di allungare il piede sottile, lasciando che seguisse la liscia forma del trespolo: nulla, la distanza che la separava dalla terra era decisamente troppa.

Fece un paio di tentativi altrettanto goffi, quando, persa decisamente la Pazienza, tentò di saltare. Un istante dopo si ritrovò seduta con le vesti zuppe al centro della piccola piscina e con un leggero dolorino che le veniva dal di dietro. “Non importa”cercò di farsi forza”La Determinazione prevede il sacrificio”e così dicendo tentò di rimettersi in piedi. Un gruppetto si era fermato a guardare la scena ed uno le urlò “Ao, ma come stai?”, Minerva alzò gli occhi e sorrise a quel tenero gruppo di giovani menti che finalmente l'avevano notata; disse aprendo le braccia”A voi mi mostro, o mortali amati, esseri al lungo dimenticati, con l'intento di rinvigorire le vostre speranze: venite presso di me con Fiducia, poiché io sono colei che vi condurrà all'eterno sapere” e così dicendo mosse alcuni passi solenni verso il gruppo che la guardava con stupore “Ma che te sei fumata?” disse uno di loro “Sta lessa”fece l'altro e senza null'altro proferire, diedero le spalle alla dea e si allontanarono.

Minerva restò impietrita, le caviglie ancora immerse nell'acqua “Poveri cari, disse, la Diffidenza è stata troppo a lungo vostra unica consigliera. Sbagliammo noi, anche se dei ad abbandonarvi al destino ingrato, lasciandovi senza divina guida per lungo tempo. Riconquisterò i vostri cuori, e da lì infonderò nelle vostre menti mortali nuova forza ed un rinnovato amore.”E così dicendo si strizzò la veste zuppa ed uscì dalla vasca.

“Ecco un gruppo di giovani vestali che affretta l'agil passo verso la Conoscenza... A loro rivolgerò il mio accorato messaggio, con loro spezzerò le catene dell'iniquo fato che troppo al lungo ci ha tenuti distanti, dei e uomini.” Sgambettando velocemente verso le tre studentesse ritardatarie la dea le raggiunse in poche audaci falcate, e quando le ebbe di fronte a sé, allungò la mano per posarla sulla spalla di una di loro. “Che cazzo vuoi?” disse quella girandosi di scatto e stringendo la borsa al petto “Me stavi a rubbà la borza? Mortacci tua”aggiunse. E di seguito l'amica “ Bella guarda che te staccamo 'n braccio sa, io nun ce metto 'gnente”

“Per Carità!” disse la dea ”Da voi giungo con le più tenere intenzioni o mie amate creature: donarvi la Conoscenza e privarvi della Solitudine” “Privarvi de che?!”e furono botte, tante, da tutte le parti. Pochi istanti dopo Minerva, la veste strappata ed il ginocchio sanguinante, era di nuovo col di dietro in terra. “Povere creature” disse mentre tentava di alzarsi” Non hanno che la Violenza come unica difesa contro la solitudine”e pian piano zoppicò verso il prato su cui erano beatamente adagiati quattro o cinque studenti.

”Questa volta” pensò “non cercherò di conquistarli con le parole. Il linguaggio è ingannevole e nasconde in sé continue trappole. Tra loro siederò in silenzio, le orecchie alle loro suppliche presterò senza alcun timore” pensava al divina mentre raggiungeva la piccola comitiva e con fare leggiadro si adagiò sul verde praticello accanto a loro.

Con suo grande stupore nessuno dei giovani notò la sua presenza: con i nasi sepolti dentro i libri la stavano decisamente ignorando. La dea però non si diede per vinta ed iniziò ad emettere alcuni sospiri profondi per attirare la loro attenzione. Uno dei ragazzi, quello che le sedeva vicino, le mise in mano allora qualcosa che lei afferrò non sapendo assolutamente di cosa si trattasse ”Incenso?” chiese la dea”Ganjia.” rispose l'altro.”Ah... ”disse lei, cercando di darsi un contegno.

Non sapendo come utilizzare il candelotto fumante che aveva tra le mani, si ricordò che una volta, da bambina, il padre la aveva portata di nascosto sulla terra, nell'amata città di Atene, dove giovani donne impugnando lunghi bastoncelli d'incenso, danzavano con le vesti carezzate dalla brezza marina in suo onore; così pensava la Dea e subito si mise in piedi e diede inizio alle danze: lunghi filamenti fumosi si spandevano nell'aria tiepida, mentre il polso sottile continuava ad ondeggiare dolcemente.

D'un tratto uno dei ragazzi s'alzò di scatto e strappata la canna dalle dita della ballerina olimpica disse “Ma che sei scema?” e quella, intimidita da tanta irruenza e con un filo di voce, rispose ”No... sarei...Minerva...”. Il gruppo di ragazzotti le lanciò un'occhiataccia, raccolse velocemente le proprie cose e si allontanò.”Ma che accadimento assai buffo è questo... ” pensò tra sé e sé la Dea ”Forse devono avermi scambiata per questa tal Scema, le cui fattezze del corpo somigliano presuntuosamente alle mie.”

Dopo qualche istante di meditazione si fece forza e decise di varcare la soglia dell'imponente Partenone che si stagliava di fronte agli occhi “Son certa, pensò, che in luogo si colto e raffinato troverò qualche saggio uomo canuto in cerca del mio aiuto. A lui rivelerò tutto il mio divino sapere” e così dicendo prese a salire la lunga scalinata, tentando di tenere il passo con lo sciame di giovani che si apprestava ad entrare nell'edificio.

Il ginocchio dolorante però non le consentiva grande agilità, nonostante la dea facesse del suo meglio per mascherare l'inopportuna goffaggine. Un uomo piuttosto anziano e dalla vista deboluccia, vedendo questa figura in difficoltà le si avvicinò e disse”Ha bisogno di una mano?” Negli occhi della dea una dolce luce si accese e nel cuore un tepore insperato ”Oh, canuto mortale dal volto segnato dal dio mio nonno Kronos; proprio ora che il mio cuore di dea era prossimo all'ira tu ti riveli in tutta la tua gentile presenza. A te, o amato essere, rivolgerò le mie attenzioni divine, con te dimostrerò al padre che aveva errato pensandovi come stolti!” Pensava la dea mentre l'altro la conduceva sana e salva all'apice della faticosa gradinata.

“Qual è il tuo nome, o canuto mortale?”chiese la dea “ Alexander Atenodros, docente di storia greca.”Rispose l'altro.”Oh divino padre!”scoppiò la dea raggiante alzando mani e volto verso il cielo“Ecco la risposta a cotanto tormento! Non era forse questo che attendemmo per millenni rinchiusi dentro il triste Olimpo? Non furono queste forse le domande che rivolgemmo a noi stessi senza riuscire a dare risposta? Oh divino Zeus, l'amore dei mortali guiderà la nostra ricomparsa sulla terra!”Uscita dalla sua estasi mistica la dea abbassò lentamente le braccia e dischiuse gli occhi: il professor Atenodros era scomparso.

Minerva si fece largo tra i giovani che occupavano l'atrio e vide in fondo al corridoio il buon Alexander che procedeva, nonostante l'età avanzata, con passo decisamente spedito. “Per tutti gli dei”disse la divina”Come corrono questi mortali!”. Vedendo che la distanza che li separava non tendeva a diminuire urlò”Alexander! Docente!”quello, girando appena il viso, si accorse che la donna lo stava raggiungendo ed affrettò, per quello che l'età gli permetteva, il passo. Sulle scale la dea lo aveva quasi raggiunto e ancora lo invocò”O Docente!”

. Alexander si voltò di scatto e disse seccato“Signorina cosa vuole? Non vede che vado di fretta?”e la dea “Sì ma io. ” ”Sì un corno!", rispose l'altro”.Ma...ma..io volevo solo...” “Stia bene a sentire signorina”disse l'uomo riprendendo a salire le scale”io ricevo lunedì e venerdì dalle 10 alle 11! E lo sa che giorno è oggi? E' martedì! Non lunedì, non venerdì, ma è un dannatissimo martedì!” “Sì ma io volevo. ””Volevo, volevo: cosa vuole che mi importi di quel che vuole lei. Si presenti al ricevimento con le carte necessarie, la lista dei testi, e soprattutto. ”disse guardando la veste stracciata e il rivolo di sangue che le colava dal ginocchio”si vesta in maniera più dignitosa!”e così dicendo le voltò definitivamente le spalle.

Il giorno seguente sull'Olimpo il sommo Zeus camminava su e giù per il salone vuoto, quando la divina consorte adagiata sul trono gli chiese”Cosa ti turba, o sommo marito, radunatore di nuvole, Signore degli dei, Divino Zeus?” “O moglie mia, insostituibile consigliera, chi mi turba è l'amata figlia Minerva”, rispose Zeus” Sei volte il carro di Apollo è stato nel cielo e ancora non ho avuto sue notizie“. “Non essere in pensiero o amato marito, o audace signore, impareggiabile padre, eccelso condottiero di dei e uomini! La non più giovanissima Minerva (c'era dell'astio tra le due) probabilmente sarà circondata da una folla di mortali estasiati che con gioia ascolteranno le sue sapienti parole” “Sarà... ” disse il divino Zeus”Ma almeno un messo poteva mandarlo scusa. ci vuole dico io? Comunque... hai ragione senz'altro, o divina consorte, certamente la figlia sarà troppo occupata per volgere il pensiero alla paterna apprensione. Da genitore quale sono però credo sia il caso di mandare qualcuno a controllare” e così dicendo chiamò Impiccides, suo servo prediletto “Impiccides!” tuonò il signore degli dei “Recati tra i mortali e cerca la dea Minerva: quando l'avrai trovata assicurati che stia bene e con grazia suggeriscile di tornare presso il trono paterno”. L'altro annuì e partì subito per la delicata missione.

La notte stessa Impiccides giunse nei pressi d'una grande struttura marmorea che ricordava di molto la maestosa architettura dei templi dedicati agli dei “Sarà senz'altro qui”pensò il servitore e così dicendo si fece coraggio e s’inoltrò nel lungo viale. Ai piedi d'un imponente edificio, sul cui si leggeva appena la scritta “Studium Urbis”, un piedistallo vuoto sorgeva al centro d'una piscina squadrata e tutto intorno un gran numero di giovani dall'insolito abbigliamento si muovevano all'unisono al ritmo d'un suono che Impiccides, abituato al divino suono dell'arpa e della lira, trovava orribilmente fastidioso. Pian piano si avvicinò al gruppo e giunto che fu nei pressi del piedistallo, una strana figura gli si avvicinò e gli chiese”'Na sigaretta?”; con gli occhi pieni di orrore Impiccides fece un balzo indietro, poi fattosi coraggio, indicando i piercing sul viso della ragazza disse tremando”Sei forse tu un'Erinni, o essere orrendo che di cotanto disastro cospargi occhi e fronte, che di cotanto dolore la tua stessa sgraziata figura tormenti agitandoti senza sosta nelle tenebre?” “Mica t'ho capito sa...”disse l'altra riprendendo ad agitarsi al ritmo assordante delle casse.

Il povero Impiccides continuò la sua ricerca a lungo, e quando era ormai vicino al perdere le speranze, i suoi occhi si posarono su una esile e dimessa figura seduta sul bordo della vasca. “Minerva!”urlò il servitore”O divina Minerva, quali catastrofici eventi ridussero la tua magnifica figura in codesto stato? ” La dea continuava a fissare il piedistallo vuoto al di sopra della sua nuca arruffata, poi gettò un'occhiata veloce verso il servitore e disse, con la bocca un po' impastata dal vino “Lo vedi quel piedistallo Impiccides? Io lì dovevo stare: beata, amata, venerata da tutti. ma no! Scendi, torna tra i mortali Minerva: vai a donare loro la saggezza...Stronzate!” disse la dea alzandosi in piedi e barcollando”Cosa ti è accaduto, o divina Minerva? Forse ti pentisti di non aver prestato orecchio al paterno consiglio?” “Pentita?”domandò l'altra stentando a tenere la posizione eretta ”No pentita... solo che questi mortali insomma....oddio il sandalo...tienimi il braccio che scivolo!”e così dicendo fece un gesto troppo rapido che il suo misero equilibrio non riuscì a sostenere e cadde in terra rovinosamente “O eccelsa dea, o temeraria guida dei mortali ingrati! Lascia che ti aiuti” disse il servitore”Ma non mi rompere i co...oh...guarda Impiccides...” disse la dea con dolcezza” il ciuffetto d'erba del giardino di mio padre!...senti, senti come profuma

“disse schiacciandogli sotto il naso l'erbetta ormai secca”Sai cosa ci serve adesso Impiccides?” “Lo ignoro O mia divina , di cosa dunque abbiamo necessità?” “Una cartina e un filtro!”e così dicendo si rialzò da terra e barcollando a tempo di musica si gettò in mezzo alla folla “Oh per Dioniso!” sospirò preoccupato Impiccides.”Eh no!”tuonò una voce alle sue spalle”Almeno stasera lasciatemi stare: mi faccio un rave all'anno!” tuonò Dioniso, il dio del vino in persona, anch’egli propenso a difendere il suo diritto a godersi al serata. Impiccides lo fissò per un istante con sguardo stravolto, poi alzò gli occhi all’indirizzo del Signore degli dei e sospirò forte. Minerva intanto fece barcollando ritorno, con in mano la canna ben confezionata ed una bottiglia di vino; accese la prima, aspirò forte e tentando di mantenersi dritta sulle fragili caviglie:”Divina...”disse espirando lentamente.

Intanto sulla cima dell'Olimpo, il sommo Zeus tentava di rassicurarsi, pensando che da eccelsa dea qual' era, non poteva aver dubbi sul fatto che Minerva stesse portando a termine la sua missione, e tutto questo lo pensava forte il Re degli dei, il signore dell'Olimpo, mentre Impiccides evitava che il vomito insozzasse quel che ormai restava dei dorati capelli della dea Minerva, dea della Saggezza, della Cultura e soprattutto della Sapienza.

Canto di Natale

Notte, vento gelido. Non c'è nessuno in giro la notte di Natale. Io sono stranita, sempre la stessa canzone; un bicchiere di vino, rosso, forte. Serve a scacciare i cattivi pensieri.

Tu sei seduto, chiuso nella giacca fino agli occhi; tra pochi giorni finisce l'anno e in fondo non è che ne siano successe di cose buone. Ti senti solo, dì la verità... Passa un tipo, col piede calcia una bottiglia d birra che vuota inizia a rotolare, lenta. ma tu nemmeno la senti, troppe cose a cui pensare, la notte di Natale.

Mando indietro la traccia ancora una volta, quando decido di farmi del male mi ci metto d'impegno io, non improvviso quasi mai. Il vino lo finisco come i giovani da bar "alla goccia" e frugo in tasca, sigaretta. Ah, anche quest'anno ho deciso: a capodanno smetto di fumare. Accendino maledetto...niente, in borsa, in tasca, non c'è...

Un freddo della madonna, ecco che senti. Non ti ricordi nemmeno a che ora attacchi domani..le undici? Le sei?

Intorno continua ad esserci il deserto, giusto un paio di coppie ipercinetiche interrompono la fissità del paesaggio. Giro l'angolo. Piazzetta vuota e la musica nelle orecchie mi impedisce di sentire qualsiasi rumore. Sono stanca, mi gira tutto, sedersi, ora. Lucina rossa, lettore quasi scarico. E ti pareva.

Hai deciso: è ora di andare, non senti nemmeno più le chiappe per quanto freddo c'hai e sedersi sul marmo, beh, non è stata una gran mossa. Frizionare. Ancora. Ancora. Niente, anche le mani sono andate. Però il freddo t'ha distratto dai tuoi pensieri, giusto il tempo di sentire quel lento rantolio della bottiglia, sempre in cerca del suo schianto. Ti giri appena: senti ma non la vedi. In fondo sei vivo: ecco cos'è successo di memorabile quest'anno! Questo è un bel pensiero, bravo, impegnati.

La borsa non vuole collaborare, eppure sono certa che uno ce l'avevo...fazzoletti....portafogli...un assorbente che non si sa mai... l'accendino per dio. Sarà caduto in macchina, forse. Fumerò il freddo, così... Decompressione emozionale, necessaria stasera. Vediamo, vediamo: pensare a cose belle... la libertà riconquistata! La casa nuova anche, stanza più che casa, ma va bene lo stesso! Il lavoro...

La bottiglia continua la sua ricerca e finalmente raggiunge lo scopo: trscccccc.... mille pezzetti e più nessun rumore. Ti giri a guardare, l'importante è sempre che la colpa non sia tua. "sorriso magico" ti chiamano, tutti che pensano che tu sia un bravo ragazzo, un pezzo di pane...però non c'è un cazzo da fare, la rabbia la senti sempre, non ti lascia un momento, non ti fa respirare. Una volta però, qualche mese fa, quella stronza che ti ha scopato senza calore , che ti ha voluto sfidare, era riuscita ad allentare la morsa. Amare di nuovo..impossibile Claudio, che cazzo dici.

E ci mancava! Un bel pensiero revival, giusto per non farsi mancare niente. Abbiamo detto tutuuto: i tracollo economico, il divorzio, mancava solo la storia d'amore sfigata! Va bene, non è un caso che io sia qui: San Lorenzo è la ricerca di lui, ma....trsccccccc...punkabbestia di merda, a Natale li odio ancora di più ... Lo stitico sentimentale, coglione maledetto con la sua faccia da bravo ragazzo e quel modo...ma chi voglio prendere per il culo? Mi manca, Claudio, Claudio Santi, Via dei Chiarini 132, trecentocinquanta metri dal mio portone, più o meno 200 passi. Sono bassa, lo so. Colpa del sangue sardo. Basta, devo fumare. Ma non c'è nessuno in questo quartiere???

Basta, è ora di andare. Stasera era da macchina, altro che sto motorino, anche il ghiaccio sullo specchietto. Casco, le punte delle orecchie ringraziano. Primo giro: non parte. Secondo: ancora niente, troppo freddo. Ok, calma: cuffie e musica. Jazz. Ancora: partito e adesso fallo scaldare...

Forse di qua...ah, eccolo uno!

Accelera...ancora..deve scaldarsi bene, stasera farsela a piedi è brutta eh...

"Scusami?", ha tolto il cavalletto, guarda eh...

Pronto, destinazione Via dei Chiarini 132.

"Scusamiiiiiiiii!" che cazzo di rumore che fa sto motorino!

Manopola destra affondata, vento gelido, ma ce la puoi fare.

Oddio ma sembra...no, non è possibile... E comunque è già partito...

Cazzo che freddo.

cazzo che freddo.